
Benvenuti, sono il Dott. Valentino Moretto, psicologo e psicoterapeuta, mi occupo del trattamento del disagio e della sofferenza psichica, attraverso la parola e la sua cura.
Fobia: cosa ci dicono Freud, Winnicott e Lacan su questa esperienza psichica
La fobia è molto più di una semplice paura. Non si tratta solo di un disagio passeggero o di una reazione esagerata: è un sintomo che parla da una zona profonda e inconscia della psiche. In psicoanalisi, la fobia è stata studiata a lungo, da Sigmund Freud fino a D. W. Winnicott e Jacques Lacan, che ne hanno messo in luce significati e funzioni differenti, ma ugualmente preziosi per comprenderla e affrontarla.
La fobia secondo Freud: un compromesso dell’inconscio
Per Freud, la fobia nasce da un conflitto psichico. Quando un desiderio inaccettabile (spesso legato alla sessualità infantile) viene rimosso, l’angoscia che ne deriva si sposta su un oggetto esterno, apparentemente innocuo: il cane, l’aereo, la folla, l’ascensore… Così, l’inconscio trova un compromesso tra ciò che non si può dire e ciò che si può temere. Il caso del piccolo Hans, studiato da Freud nel 1909, è emblematico: la paura per i cavalli nasconde un’angoscia più profonda legata al desiderio edipico e alla rivalità col padre.
Winnicott: la fobia come difesa da un ambiente carente
Winnicott offre una lettura diversa: la fobia non nasce solo da un conflitto pulsionale, ma da una fragilità dell’Io, legata alle prime esperienze ambientali. Se il bambino non ha ricevuto una sufficiente protezione nelle fasi iniziali della vita, può sviluppare un senso di minaccia costante. In questo senso, l’oggetto fobico rappresenta il tentativo di localizzare e controllare un’angoscia più diffusa e indefinita. Il sintomo diventa così una difesa, un modo per sopravvivere quando l’ambiente ha fallito nel suo compito di sostenere il Sé nascente.
Lacan: la fobia come punto di aggancio del desiderio
Per Lacan, la fobia ha una funzione strutturale: essa non è solo un sintomo tra gli altri, ma può rappresentare un punto di tenuta soggettiva, un modo per colmare una mancanza nel simbolico. In certi casi, l’oggetto fobico (come l’uomo nero o il lupo) funge da “nome-del-padre” sostitutivo, cioè da supporto immaginario là dove il padre simbolico è assente o inefficace. La fobia organizza il desiderio, evitando che il soggetto cada nell’angoscia senza nome della psicosi.
Cosa può fare la psicoterapia psicoanalitica
La fobia non va banalizzata né ridotta a una questione di “debolezza”. Dietro una paura apparentemente assurda, c’è sempre una logica psichica da ascoltare. La psicoterapia psicoanalitica offre uno spazio per dare parola a ciò che non può essere detto, per comprendere il significato profondo del sintomo e iniziare un percorso di trasformazione. Non si tratta solo di “eliminare la paura”, ma di ascoltarla, per scoprire cosa dice del nostro desiderio, delle nostre ferite, della nostra storia.
